Giordano Bruno
Nei tempi in cui l’universo era ritenuto di dimensioni finite, con la Terra al centro, gli altri pianeti e il Sole attorno a questa, in un sistema di sfere l’una dentro l’altra, e le stelle fisse sulla superficie dell’ultima sfera, teoria rappresentata dal sistema tolemaico, sistema largamente accettato Chiesa e anche dai filosofi naturali, (il sistema copernicano era stato da poco proposto, ma anche questo, pur ponendo il Sole al centro, ipotizzava un universo di dimensioni finite), Bruno, anche grazie alla ricca biblioteca del convento di S. Domenico Maggiore, all’epoca una delle biblioteche napoletane più prestigiose, ebbe l’opportunità di conoscere l’opera del cardinale Nicola Cusano e riprende una visione originale dell’universo, infinito e contenente infiniti mondi abitati, che era stata elaborata da Cusano nel suo “De Docta Ignorantia” del 1440.
A causa delle sue idee rivoluzionarie e anticonformiste, entrò in urto con la Chiesa e le autorità dell’epoca. Diventò dottore in Teologia nel 1575 e fu costretto a viaggiare molto sfidando la peste imperversante nella penisola, Giordano si trovò sbalzato, con una minaccia sul capo, da Napoli a Roma, dove non era ancora conclusa la celebrazione dell’anno santo 1575, proclamato dal nuovo papa Gregorio XIII. Bruno si recò a Roma per chiarire la propria situazione con il procuratore dell’ordine Sisto Fabri da Lucca, ma gli giunse notizia che a Napoli, dopo la sua partenza, erano stati trovati, tra le sue cose, dei libri proibiti dall’ordine che Bruno custodiva di nascosto. Bruno decise di allontanarsi da Roma e di deporre l’abito religioso. Tra il 1576 e il 1578, l’ex frate domenicano riprese il suo nome di battesimo Filippo Bruno e si trovò a vagare per l’Italia settentrionale alla ricerca di un lavoro per potersi sostentare.
Iniziò un periodo di peregrinazioni durante le quali Bruno si mantenne impartendo lezioni in varie discipline, soggiornò a Genova, Noli, Savona, Torino, Venezia Ginevra, Parigi, Londra. Al termine della sua esperienza inglese scrisse un numero impressionante di opere, tra il 1584 e il 1585 vennero stampati: La Cena delle Ceneri, il De la Causa, Principio et Uno, il De l’Infinito universo et Mondi, Lo Spaccio della Bestia Trionfante, La Cabala del Cavallo Pegaseo, e il De gl’Eroici Furori. Le dottrine cosmologiche e metafisiche esposte in questi testi sancirono una rottura definitiva col pensiero aristotelico e col cristianesimo e costarono a Bruno l’arresto, la carcerazione e il rogo. Ancora una volta ramingo per l’Europa approdò nel giugno del 1586 in Germania, poi a Praga dove vennero pubblicate gran parte delle opere cosiddette “magiche”, giunse a Francoforte in cerca di un editore alla grande fiera internazionale del libro, dopo la pubblicazione di 3 poemi latini e alcuni mesi di permanenza a Zurigo dove tenne lezioni di filosofia, tornò a Francoforte dove ricevette due lettere del nobile veneziano Giovanni Mocenigo che lo invitavano a Venezia perché era desideroso di apprendere da Bruno l’arte della memoria. Il “nobiluomo” veneziano, dopo averlo invitato in casa sua, lo denunciò all’Inquisitore veneziano. Il gran peregrinare di Bruno finì con 8 anni in attesa di giudizio in una cella del nuovo palazzo romano del S. Uffizio nei pressi di Porta Cavalleggeri.
Nonostante le torture e le umiliazioni della sua persona decise di non abiurare e per questo, venne dichiarato colpevole e arso vivo in piazza Campo dei Fiori a Roma, il 17 febbraio del 1600. Giordano Bruno ha rappresentato, nei secoli successivi alla sua morte, il simbolo del libero pensiero e dell’intellettuale sciolto dai vincoli dell’autorità.